Coronavirus: un algoritmo potrebbe prevedere quali pazienti rischiano la terapia intensiva

Dall’inizio della pandemia a oggi, uno dei principali problemi legati alla gestione dell’emergenza resta quello relativo alla pressione sul sistema sanitario e al rischio continuo che le terapie intensive collassino, rendendo difficile offrire cure adeguate per tutti. Per i medici e per il personale sanitario, è dunque fondamentale poter contare su strumenti che consentano una pianificazione delle risorse.

A questo scopo, un gruppo di ricercatori della California ha progettato un sistema per scoprire le probabilità di un paziente ricoverato di finire in terapia intensiva. Si tratta di un algoritmo che analizza cinque indicatori che possono aggravare le condizioni di un paziente affetto da coronavirus: difficoltà respiratorie, risposta immunitaria, infiammazione e funzionalità del sistema circolatorio. Misurando e analizzando i valori del paziente, è possibile prevedere la progressione della malattia.

“Data l’urgenza di allocazione e ottimizzazione delle risorse, abbiamo cercato di identificare le caratteristiche cliniche a livello di paziente al momento del ricovero per prevedere la necessità di cure in terapia intensiva e ventilazione meccanica nei pazienti COVID-19”, hanno spiegato i ricercatori.

Poiché i predittori si basano solo su dati quantitativi sono meno soggetti a errori e possono essere applicati in modo semplice a scenari differenti, consentendo ai sistemi sanitari di prevedere eventuali picchi e pianificare l’attività in base alla capacità delle loro terapie intensive e ai posti dispobibili.

Sebbene i risultati siano stati pubblicati solo pochi giorni fa, il virus muta velocemente ed è un “bersaglio in movimento” e oggi è necessario valutare se il modello possa essere valido e appropriato anche rispetto alle nuove varianti. Si tratta comunque di risultati promettenti e, con il tempo, questo approccio potrebbe essere adottato anche per altre malattie infettive, soprattutto per quelle emergenti per le quali esistono pochi strumenti utili a definire una prognosi.

Fonti di riferimento: Scientific Reports/University of Southern California

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da greenme