Gli ftalati, sono sostanze chimiche che possono trovarsi in diversi oggetti di uso comune, compresi i giocattoli dei bambini. L’esposizione agli ftalati, però, proprio per i più piccoli, si rivela particolarmente pericolosa e avrebbe un impatto negativo sullo sviluppo cerebrale. A dirlo un nuovo studio.
Le sostanze chimiche sintetiche chiamate ftalati, e in particolare gli ortoftalati, interferiscono negativamente con lo sviluppo cerebrale dei bambini e quindi devono essere immediatamente bandite dai prodotti di consumo. È quanto afferma un gruppo di scienziati e professionisti della salute del Progetto TENDR (Targeting Environmental Neuro-Development Risks), progetto che si propone di studiare e ridurre l’esposizione dei bambini a sostanze chimiche neurotossiche e inquinanti.
Nel loro rapporto, pubblicato sull’American Journal of Public Health, gli esperti fanno sapere che dati affidabili da studi di coorte di nascita longitudinali e studi su modello animale indicano che l’esposizione agli ortoftalati può compromettere lo sviluppo del cervello e aumentare i rischi per l’apprendimento, l’attenzione e i disturbi comportamentali durante l’infanzia.
“Questo crescente corpo di prove, insieme ai noti effetti negativi sullo sviluppo del tratto riproduttivo maschile, richiede un’azione immediata” avvertono gli autori dello studio.
Il problema è che, come sottolineano gli scienziati americani, tutti noi siamo esposti quotidianamente a ftalati di diverso genere, non a caso negli Stati Uniti queste sostanze sono soprannominate “everywhere chemicals“.
Gli ftalati si nascondono in tantissimi prodotti di uso comune: imballaggi alimentari (e dunque potrebbero migrare anche negli alimenti) ; detergenti; pavimenti in vinile, abbigliamento, mobili e tende da doccia; plastica automobilistica; oli lubrificanti e adesivi; prodotti resistenti alla pioggia e alle macchie ma anche shampoo, saponi, lacca per capelli e smalto per unghie.
Si trovano poi nei prodotti idraulici e da costruzione in PVC e in articoli come tubi medici, tubi da giardino e in alcuni giocattoli per bambini.
E i risultati di questa esposizione continua, purtroppo, si vedono. Come ha dimostrato uno studio svizzero, di cui vi abbiamo parlato, che ha analizzato le urine dei bambini.
Le ricerche degli ultimi anni hanno collegato gli ftalati a obesità infantile, asma, problemi cardiovascolari, cancro e problemi riproduttivi come malformazioni genitali e testicoli ritenuti nei neonati e bassa conta spermatica e livelli di testosterone nei maschi adulti.
Il nuovo report del TENDR, si concentra però specificamente sul legame tra l’esposizione agli ftalati e i danni al neurosviluppo di feti, neonati e bambini.
Fino al 2019, afferma il rapporto, più di 30 studi avevano esaminato l’esposizione prenatale a diversi tipi di ftalati e studi a lungo termine erano stati condotti in 11 diversi paesi o territori in tutto il mondo.
Uno studio tra quelli citati, ad esempio, ha scoperto che i bambini di madri con più alti livelli di ftalati nelle urine durante il secondo trimestre di gravidanza avevano quasi tre volte le probabilità di essere diagnosticati con ADHD rispetto a bambini con madri che avevano livelli molto più bassi.
Un’altra ricerca invece ha scoperto che i bambini esposti a livelli più elevati di ftalati in utero avevano un livello di QI inferiore di sette punti rispetto ai bambini con minore esposizione. I bambini a più alto rischio avevano anche una riduzione del ragionamento percettivo e della comprensione verbale.
Non tutti gli studi erano arrivati a risultati così chiari e sicuramente c’è da approfondire ma:
“Abbiamo prove sufficienti in questo momento per essere preoccupati per l’impatto di queste sostanze chimiche sul rischio di disturbi dell’attenzione, dell’apprendimento e del comportamento di un bambino. Quello che vogliamo ottenere è indirizzare la comunità della salute pubblica, comprese le autorità di regolamentazione, verso l’obiettivo di eliminazione degli ftalati” ha dichiarato Stephanie Engel, professoressa di epidemiologia presso l’Università del North Carolina e autrice principale dello studio.
Nello studio quindi si legge:
“sollecitiamo fortemente le agenzie federali e statali a muoversi rapidamente per eliminare l’uso di ftalati”
Ma non solo negli oggetti destinati all’infanzia, è un provvedimento che deve essere preso in toto per evitare l’esposizione di donne incinte, che allattano, donne in età riproduttiva oltre che ovviamente di neonati e bambini.
“Il fatto che produttori e rivenditori abbiano già rimosso volontariamente gli ortoftalati da un’ampia gamma di prodotti indica che questo obiettivo è fattibile” sottolinea il rapporto.
L’Ue ha, già dal 2018, limitato l’utilizzo di quattro ftalati: DEHP, DBP, DIBP e BBP in diversi prodotti (tra cui giocattoli e articoli di puericultura) ma questo è solo un primo passo.
E gli ftalati, tra l’altro, non sono l’unica classe di sostanze a cui siamo quotidianamente esposti noi e i nostri bambini. Proprio pochi giorni fa vi avevamo parlato del problema degli interferenti endocrini (tra cui appunto gli ftalati), componenti che potrebbero agire al pari di ormoni andando ad interferire con il buon funzionamento del sistema endocrino.
Fonti: American Journal of Public Health/ CNN
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