3 anni senza Marielle Franco (e senza giustizia), ma il suo grido di battaglia risuona ancora forte

A quasi tre anni di distanza, nuove indagini sull’omicidio di Marielle Franco (1979-2018), sociologa, politica e attivista per i diritti umani brasiliana, e del suo autista, Anderson Gomes, avrebbero condotto a nuovi sviluppi, secondo quanto annunciato dalla polizia di Rio de Janeiro. Le due vittime — uccise con arma da fuoco la notte tra il 14 e il 15 marzo 2018 in seguito ad un agguato contro l’automobile su cui viaggiavano, nel quartiere Estacio di Rio de Janeiro, dopo la partecipazione di Marielle ad un evento nella Casa das Pretas — non hanno trovato ancora giustizia.

L’attivismo di Marielle a difesa delle minoranze oppresse

Marielle Franco, donna nera nata e cresciuta nella favela di Maré, in qualità di membro della Commissione statale per i diritti umani di Rio de Janeiro, aveva dedicato tempo, competenze ed energie alla difesa dei diritti delle donne nere, dei giovani abitanti delle favelas, della comunità Lgbtq e di altre comunità condannate all’emarginazione sociale e alla discriminazione di genere.

Nel 2016 era anche stata eletta nel consiglio comunale di Rio de Janeiro, come rappresentante del Partito Socialismo e Libertà (PSOL).

Inoltre, era particolarmente attenta a denunciare gli abusi della polizia e le esecuzioni extragiudiziali. Qualche giorno prima dell’attentato, il 10 marzo 2018, Marielle aveva duramente criticato l’intervento militare del 41° Battaglione della Polizia Militare contro gli abitanti di Acarí, favela alla periferia di Rio de Janeiro.

A execução da vereadora do @PSOLOficial Marielle Franco me parece um recado. A cronologia dos fatos mostra isso. pic.twitter.com/DtSpa1GZoU

— Carlos Latuff (@LatuffCartoons) March 15, 2018

Indagini ancora in corso

Nel 2019 erano stati arrestati i due principali sospettati dell’omicidio: l’agente di polizia in pensione Ronnie Lessa e l’ex membro della polizia militare Élcio de Queiroz, accusati di avere stretto legami con un gruppo militante. L’inchiesta aveva individuato in Lessa l’autore materiale della sparatoria, mentre de Queiroz avrebbe guidato il veicolo che pedinava l’auto di Marielle. Finora, nessuno dei due è stato condannato in via definitiva.

Nel frattempo, una serie di politici di Rio de Janeiro sono sospettati di aver ordinato l’assassinio della giovane donna, tra cui figurano il consigliere Marcelo Siciliano (PHS), l’ex consigliere Cristiano Girão e l’ex deputato Domingos Brazão, consigliere extragiudiziale della Corte dei Conti dello Stato (TCE). Tutti negano qualsiasi coinvolgimento nella vicenda. Pertanto, i mandanti e le motivazioni del gesto criminale sono ancora poco chiari.

Il deputato federale Marcelo Freixo (PSOL-RJ), ha spiegato che, al momento, la polizia civile sarebbe impegnata nell’identificazione del gruppo politico resosi responsabile della morte di Marielle, per comprendere le reali motivazioni che avrebbero spinto gli eventuali mandanti ad ordinarne l’eliminazione.

Da quanto emergerebbe dal più recente filone di indagini, condotte da Polizia Civile in collaborazione con la Procura della Repubblica, l’omicidio di Marielle sarebbe stato ordinato come forma di vendetta proprio nei confronti di Freixo, collega di partito di Marielle distintosi per la sua opposizione alle milizie cittadine. Marielle aveva lavorato per un decennio nell’ufficio di Freixo prima di essere eletta consigliera comunale.

La “mattanza” dei difensori dei diritti umani

L’efferato omicidio rivela le innumerevoli difficoltà e i costanti pericoli che i difensori dei diritti umani si trovano ad affrontare oggi non solo in Brasile, ma anche nel resto dell’America Latina e del mondo. Vittime di minacce, aggressioni e omicidi, soprattutto quando operano nelle aree rurali del Brasile, i difensori dei diritti umani sono facili bersagli. Negli stati del Pará e di Maranhão i difensori sono maggiormente a rischio e le loro vite sono spesso appese ad un filo.

Fonti: DW/Política Livre

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da greenme