Ferrero, Romoli Venturi “Responsabilità sociale nel nostro Dna”

MILANO (ITALPRESS) – La sostenibilità parte dall’attenzione alle persone, anche in azienda. Non si può aver cura dell’ambiente, se non si hanno a cuore prima di tutto le persone che lavorano, il loro benessere e il loro modo di vivere in azienda. Ne ha parlato Raoul Romoli Venturi, corporate communication director di Ferrero Italia, nel corso del terzo appuntamento del seminario organizzato da Confservizi Lombardia. Il manager ha raccontato l’esperienza della multinazionale dolciaria, a partire dalle norme guida del personale che Michele Ferrero stilò oltre 40 anni fa: 17 regole che si aspettava che i responsabili della sua azienda rispettassero nella gestione dei propri rapporti con i collaboratori, “regole ancora attualissime” ha spiegato Venturi, fino al welfare Ferrero e al nuovo modo di relazionarsi con i collaboratori. “Ferrero nel tempo è riuscita a costruire una responsabilità sociale duratura, fino ad arrivare ai giorni nostri: è nel Dna dell’azienda, nasce da lontano ed è una grande forza”, ha osservato Venturi. “Il motto ‘lavorare, creare, donarè di Michele Ferrero è l’essenza di questo”. Sin dai primi anni il colosso dolciario piemontese ha avuto un approccio industriale al personale. Come ha ricordato il direttore della comunicazione aziendale, Ferrero ha contribuito, per scelta e attivamente, a evitare lo spopolamento delle campagne, una politica di attenzione al territorio che poi ha portato alla nascita e allo sviluppo delle Langhe. Per consentire ai contadini di continuare a vivere nelle campagne e coltivare le terre, Ferrero si è organizzata con un sistema di trasporto grazie al quale ogni lavoratore godeva di un servizio di pullman da casa fino all’impianto e viceversa, ogni giorno. “Bisogna fare attenzione a parlare di brand social responsibility”, ha osservato. “Può aiutare a portare contenuti, ma deve essere iscritta in una corporate social responsibility. Il brand può essere certo un veicolo, ma non è animato, come l’azienda e come il lavoro”. Il welfare Ferrero, di cui si è cominciato a parlare negli anni ’60, è ancora oggi considerato un sistema all’avanguardia a livello mondiale, oggetto di studi scientifici in materia. La sostenibilità, secondo Romolo Venturi, “si esprime anche con il welfare aziendale: asilo nido per i dipendenti, borse di studio per i figli più meritevoli e tutta una serie di attività di aiuto al personale, a chi lavora e non ha i servizi. Un sistema di bonus che coinvolge tutta la popolazione e che attiene al concetto di ‘restituzionè e ‘gratitudinè dell’azienda nei confronti del dipendente. Una cosa che, quando si vive tutti i giorni, si recepisce in maniera profonda e ognuno di noi è ambasciatore di questo, anche fuori”.
Tutto ciò assicura un turn over molto basso, “al netto dei pensionati intorno al 2%”. Una rotazione che Venturi definisce “antica”: in media i dipendenti hanno una permanenza in azienda di circa 15 anni. Il dipendente “si sente un tutt’uno con l’azienda e si sente quasi un tifoso di questa. L’attaccamento alla maglia, come per un calciatore, fa fare meglio il proprio lavoro”. Tutto questo viene spiegato ai nuovi assunti, soprattutto ai più giovani, appena arrivati in azienda. Infatti, ha raccontato Romoli Venturi, “teniamo un corso sulla ‘Ferrerità’. Serve a inoculare ai nuovi assunti il concetto reale di azienda come attore sociale: raccontiamo cosa si è fatto negli anni, essendo quindi credibili”. Mai “ci sono state barriere” ha detto a proposito della diversity in azienda. Lo smartworking? “A oltranza non è proponibile: la socialità è molto importante e la mancanza comincia a sentirsi”, ha concluso.
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