ROMA – Pietro Triscari è un papà che vive in strada. Nel centro di Roma, all’angolo tra via Del Corso e piazza del Parlamento, col suo sguardo aperto regala un sorriso a chiunque passi. Oggi per lui nessun augurio.
Pietro ha una pagina facebook e un profilo instagram. Orgogliosamente intestato a “Pietro Triscari barbone”. Vi si legge il proposito di una vita: “Spero di ritrovare me stesso e ciò che mi manca”. Un obiettivo che ognuno si pone, ma per chi vive in strada la ricerca è molto piu’ difficile. Di giorno Pietro lo trovi sul marciapiede, con al fianco ‘la casa’ in un trolley “dalle ruote rifatte e l’assicurazione”, di notte a dormire nel sacco a pelo sotto il colonnato del Pantheon. “Siamo tre amici, ci vogliamo bene. Ormai la gente mi conosce”, dice.
Siciliano, 48 anni, due figli, il più grande 27enne, in passato ha lavorato come netturbino. Poi, nel 2007 la denuncia “contro il sistema politico mafioso sulla gestione dei rifiuti. E mi hanno macellato- spiega – perché la mafia non ti spara. Ma ti ammazza a livello sociale, tagliandoti tutto quello che hai attorno”.
A Roma, tanti lavori più o meno stabili, anche il lavavetri sulla Cristoforo Colombo. Ma con il Covid i pochi spiragli si sono chiusi. “Oggi mi ritrovo a chiedere l’elemosina per non delinquere. Ho avuto dei problemi, parecchi problemi. Prima del Covid potevo sperare di trovare un lavoro. Ma ora – spiega – è impossibile perché tutte le aziende sono chiuse, anche qui a via del Corso, i negozi… Mi hanno tolto persino la libertà di andare all’estero. Me ne sarei andato per trovare anche solo un posto di lavapiatti. Qui in Italia non c’è più speranza. Poi sai, quando vivi per strada non è facile. Fai una vita disumana”.
Pietro percepisce il reddito di cittadinanza. “Duecentottanta euro. Ma che ci fai? Neanche la casa. Avevo il sogno di un risciò, per portare i turisti. Pensavo a un finanziamento per collocarmi nel mondo del lavoro. Sono anche invalido. Niente da fare”.
Oggi è la festa del Papà. Pietro si commuove. “Hai toccato un tasto… Sono un papà e sono pure nonno. E non conosco neanche mio nipote. Ai miei figli auguro ogni bene di questa vita. Ma oggi non riceverò i miei auguri perché io sono un papà disattivato.”
Che cosa vorresti dire ai tuoi due ragazzi? “Che io sto bene, non mi sto facendo mancare nulla, sono un po’ stanco. Ho una depressione che mi sta mangiando vivo. Non faccio la vittima. Faccio l’uomo. Per farvi capire che adesso sono un uomo solo. Non sono in cerca d’amore. L’unico amore che cerco è il vostro, il vostro affetto. La vostra vicinanza”.
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